Vivere freelance: consigli per la libertà professionale

Prova a dire a un libero professionista che vuoi cambiare vita, magari licenziarti e vivere freelance, perché vuoi essere libero, perché vuoi rompere le catene della schiavitù professionale, perché non vuoi più dipendere da nessuno e rendere conto soltanto a te stesso. Il libero professionista farà un sospirone, scuoterà il capo ti guarderà come si guarda un bambino: ti spiegherà che non è così, che magari fosse così!, che i clienti e gli impegni e le tasse e le pubbliche relazioni sul territorio e tante altre questioni noiose ti impediscono di essere libero. Che lavorerai fino alle nove di sera ogni giorno e che non puoi essere libero, non lo sarai mai! Ma quando vi salutate, il libero professionista se ne val dal parrucchiere o al supermercato.

 

Cosa vuol dire davvero vivere e lavorare freelance?

Lavorare come freelance è la cosa più bella del mondo quando hai molto lavoro, magari così tanti clienti che a qualcuno puoi anche permetterti di dire di no. Al contrario, il lavoro autonomo è una gigantesca fonte di stress se il tuo fatturato non decolla e neppure riesce a stare in piedi sulle sue gambe. Questo significa che puoi goderti la libertà professionale del freelance se fai una professione molto richiesta nel mercato, oppure se sei abile a vendere il tuo know-how - ma non dimentichiamo che vendere è sempre un lavoro, anche quando si tratta di vendere se stessi. Però stiamo divagando (tipico dei freelance!), lasciamo da parte le premesse e concentriamoci sulle questioni più rilevanti:

·         Come diventare freelance

·         Consigli per lavorare freelance

·         Luoghi migliori per vivere da freelance

 

Come diventare freelance in Italia

Diventare freelance in Italia è molto semplice: se hai un lavoro, licenziati e apri la partita IVA. Se non hai un lavoro, apri la partita IVA e basta. Facile, no? La parte più ostica, all’inizio, è capire con quale codice ATECO inquadrare la tua professione – ecco la classificazione delle attività economiche ATECO – e di conseguenza quale previdenza e quante tasse andrai a pagare ogni anno per il tuo lavoro. Il consiglio, come sempre, è di farsi aiutare da un professionista, commercialista o consulente del lavoro che sia – figure professionali di cui avrei bisogno nel tuo percorso da lavoratore autonomo, perché va bene il freelance lifestyle che ti fa lavorare dal divano di casa o sotto l’ombrellone, ma le rogne e le spese burocratiche saranno sempre lì, sedute accanto a te, a farti compagnia.

 

Consigli per lavorare come freelance

Quando ho lasciato il mio posto di lavoro subordinato e ho deciso di diventare un lavoratore autonomo, ho ricevuto consigli a bizzeffe, tutti buoni, ma posso ammettere in tutta onestà che li ho dimenticati un minuto dopo. Quindi niente liste di suggerimenti, l’unica cosa che mi sento di suggerire a un aspirante freelance è di iniziare da subito a costruire un team di supporto professionale: puoi essere un giornalista, un copywriter, un grafico, un fotografo, uno sviluppatore, un consulente fiscale o un formatore, in ogni caso prima o poi (di solito prima) avrai bisogno di altri professionisti intorno a te che svolgono attività complementari alla tua (anche identica alla tua, fidati!), perché soltanto così potrai soddisfare le esigenze dei tuoi clienti, trovarne di nuovi grazie alle referenze dei tuoi colleghi, confrontarti con altri professionisti e stringere collaborazioni vantaggiose. D’altra parte, gli spazi di co-working nascono proprio per mettere in contatto tra loro i freelance e creare nuove sinergie.

Un’altra cosa comune ai freelance è la mancanza di tempo: reperimento e gestione dei clienti, confronto con colleghi e professionisti, adempimenti fiscali e burocratici portano via un sacco di tempo al lavoro vero e proprio, quello operativo. Per questo è molto utile imparare da subito a organizzare il proprio tempo e a delegare parte delle attività.

 

 

La distinzione tra freelance e libero professionista

Apriamo una parentesi: molto spesso i termini freelance e libero professionista sono utilizzati per attribuire lo stesso significato a due cose diverse. Seguendo l’utile distinzione che ne fa l’intramontabile Wikipedia, possiamo distinguere queste due figure sulla base della tipologia di clientela: un libero professionista (ad esempio un commercialista o un avvocato) lavora con clienti diretti, mentre il freelance per lo più si interfaccia con committenti che a loro volta si interfacciano con i clienti – quindi il freelance ha clienti indiretti. In pratica, se un avvocato lavorasse come consulente per studi legali, senza avere a che fare con i clienti finali, passerebbe dallo stato di libero professionista a freelance. Be’, per esperienza dico che la maggior parte dei lavoratori a partita IVA che conosco e che lavorano nel digitale sono esseri mitologici a due teste, allo stesso tempo liberi professionisti e freelance. Poi ci sono i freelance con un solo committente, ma questo è un altro paio di maniche e dovrebbe occuparsene la Giustizia (divina e dello Stato).

 

Dove vivere da freelance in Italia e all’estero

Un altro equivoco comune è l’associazione freelance-nomade digitale. Se è vero che il nomade digitale è spesso un freelance (qui parliamo delle opportunità per i nomadi digitali), il freelance è raramente un nomade digitale, principalmente per due motivi: il primo è che non a tutti piace o è permesso viaggiare, spostarsi e fare “vita nomade”, molti professionisti infatti preferiscono la sedentarietà, hanno famiglia, casa amici, abitudini che non vogliono mollare; il secondo motivo riguarda le opportunità professionali: a volte (molto spesso, per alcuni) è più facile trovare nuovi clienti coltivando i rapporti umani sul territorio, invece che online, ed è un’operazione che richiede tempo, a volte anni. Senza contare l’ostacolo linguistico per l’estero: se fai il programmatore scrivi in HTML o CSS, ma se fai il copywriter scrivi nella tua lingua madre per aziende che parlano la tua stessa lingua madre. Se vuoi fare un esperienza da nomade digitale in Italia posso aiutarti: qui trovi le migliori mete per vivere e lavorare freelance in Abruzzo.

 

Dati, statistiche e curiosità dei freelance italiani

Il lavoro freelance in Italia è molto popolare, basti pensare che secondo le statistiche l’Italia è prima in Europa come numero di lavoratori autonomi (erano 4,5 milioni un anno e mezzo fa, e stanno aumentando), forse perché i freelance vivono più felici e appagati rispetto ai lavoratori dipendenti (lo dice un sondaggio USA del Pew Research Center). Mi sa che le statistiche hanno ragione, perché anche secondo Italia Economy 5 italiani su 10 vorrebbero lasciare il lavoro subordinato e diventare freelance o smart worker – e la maggior parte di questi sono uomini over 40.

Il pensiero più grande dei freelance italiani, oltre alle preoccupazioni per il futuro pensionistico, è come reperire lavoro: portali web, pubbliche relazioni, networking, passaparola e referenze sono le fonti principali di approvvigionamento clienti, ma ogni categoria professionale ha le proprie peculiarità. Portali come Fiverr o UpWork sono utili (per farsi le ossa) nei mestieri digitali, ma il vero motore del cerca lavoro freelance alla lunga è il passaparola, sono i rapporti umani.

 

Come vive un freelance?

Lavorare come freelance è una scelta coraggiosa, sicuramente ripagata dalla capacità professionale e dall’impegno (…e se lo dice un giornalista!) che consente di avere maggiore flessibilità di luogo e di orario, migliore equilibrio tra vita privata e lavoro, di scegliersi colleghi e collaboratori, infine - last but not least – di non avere più alcun limite di guadagno. Questo non significa diventare milionari (non conosco freelance milionari), ma sicuramente l’impegno e il sacrificio nel lungo periodo tornano indietro sotto forma di fatturato. Un freelance vive felice, con più preoccupazioni e più soddisfazioni.

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